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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La secchia rapita.djvu{{padleft:78|3|0]]
XXXV.
Spiccasi alfine, e là dove difende
Il nemico l’uscita, entrar procaccia.
La testa a Furio dalla Coccia fende,
284E nel ventre a Vivian la spada caccia.
Il primo avea il cervel fuor di calende;8
E l’altro era un fanton lungo sei braccia:
L’un nemicizia avea col sol d’agosto;
288E l’altro rincaría le calde arrosto.
XXXVI.
Ferì dopo costor, con vario evento,
Due Gemignani, l’Erri e ’l Baciliero.
Nell’umbilico l’un subito spento
292Cadde tocco d’un colpo assai leggiero:
L’altro, ch’un’ernia avea piena di vento,
Nè potea camminar senza ’l braghiero,
Ferito d’una punta in quella parte,
296Esalò il vento, e si sanò contr’arte.
XXXVII.
Giunto alfin dove l’ultima bandiera
Forcierolo Alberghetti avea fermata,
Comechè cinta sia di gente fiera,
300La sforza, e quindi a’ suoi trova l’entrata;
Nè s’accorge che lascia la sua schiera
Tra i nemici rinchiusa e abbandonata.
In tanto il Conte avea di Sandonnino
304Sentito il fiero suon del mattutino.
XXXVIII.
Questi era de’ Reggiani il generale,
Grande di Febo e di Bellona amico;
E stava componendo un madrigale,
308Quand’arrivò l’esercito nemico.
Reggio non ebbe mai suggetto eguale
O nel tempo moderno o nell’antico,
Nè di lui più stimato in pace e ’n guerra;
312Ed era consiglier di Salinguerra: