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QUARTO 65

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XXXV.


Spiccasi alfine, e là dove difende
  Il nemico l’uscita, entrar procaccia.
  La testa a Furio dalla Coccia fende,
  284E nel ventre a Vivian la spada caccia.
  Il primo avea il cervel fuor di calende;8
  E l’altro era un fanton lungo sei braccia:
  L’un nemicizia avea col sol d’agosto;
  288E l’altro rincaría le calde arrosto.

XXXVI.


Ferì dopo costor, con vario evento,
  Due Gemignani, l’Erri e ’l Baciliero.
  Nell’umbilico l’un subito spento
  292Cadde tocco d’un colpo assai leggiero:
  L’altro, ch’un’ernia avea piena di vento,
  Nè potea camminar senza ’l braghiero,
  Ferito d’una punta in quella parte,
  296Esalò il vento, e si sanò contr’arte.

XXXVII.


Giunto alfin dove l’ultima bandiera
  Forcierolo Alberghetti avea fermata,
  Comechè cinta sia di gente fiera,
  300La sforza, e quindi a’ suoi trova l’entrata;
  Nè s’accorge che lascia la sua schiera
  Tra i nemici rinchiusa e abbandonata.
  In tanto il Conte avea di Sandonnino
  304Sentito il fiero suon del mattutino.

XXXVIII.


Questi era de’ Reggiani il generale,
  Grande di Febo e di Bellona amico;
  E stava componendo un madrigale,
  308Quand’arrivò l’esercito nemico.
  Reggio non ebbe mai suggetto eguale
  O nel tempo moderno o nell’antico,
  Nè di lui più stimato in pace e ’n guerra;
  312Ed era consiglier di Salinguerra:

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