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QUARTO 67

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XLIII.


E quivi accanto a lui fatti passare
  Duemila balestrier ch’in campo avea,
  Cominciò l’inimico a saettare;
  348Che cacciarlo di luogo ei si credea.
  Come suol rifuggir l’onda, e tornare
  Fremendo nel furor de la marea;
  Così fremea ondeggiando, e i forti scudi
  352Opponea l’inimico ai colpi crudi.

XLIV.


Ma non partiva, e non mutava loco:
  E ’ntanto l’Alba uscía dell’oríente,
  Le cui guance di rose al sol di foco
  356Mirando il ciel, ne divenía lucente.
  Gherardo rinfrescò la gente un poco,
  Mutandola a’ quartieri; e al dì nascente,
  Dal fosso abbasso, e dalla rocca d’alto
  360Diede principio a un furibondo assalto.

XLV.


Della rocca Bertoldo ebbe l’assunto,
  Giberto a manca man, Gherardo a destra.
  Vedesi il Conte a mal partito giunto;
  364Ch’eran finiti il pane e la minestra:
  Pur mise anch’egli i suoi soldati in punto.
  E Bertoldo dicea da una finestra:
  Ah Reggianelli, gente da dozzina,
  368L’unghie vi resteran nella rapina.

XLVI.


Dove la rocca giù nel pian scendea,
  Della piazza era il Conte alla difesa;
  E sbarrato di travi il passo avea,
  372Facendo quivi i suoi nobil contesa.
  Gherardo a destra man forte stringea:
  Giberto facea macchine da offesa,
  Mangani e scale; e empía con sorda guerra
  376La fossa intanto di fascine e terra.

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