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68 CANTO

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XLVII.


Durò il crudele assalto infino a nona,
  Sinchè stancarsi e intiepidiron l’ire.
  Il saggio Conte i suoi non abbandona;
  380Ma non avea che dargli a digerire.
  Nella rocca serrata avean l’annona
  I terrazzani al primo suo apparire;
  E tanti denti in sull’entrar di botto
  384Distrusser ciò chè v’era e crudo e cotto.

XLVIII.


Cerca di qua, cerca di là, nè trova
  Cosa da farvi un minimo disegno.
  Sbadiglian tutti e fan crocette a prova,11
  388E l’appetito lor cresce lo sdegno.
  Fatta avean quivi una chiesetta nova
  Certi frati di quei dal piè di legno.
  Il Conte al guardian chiese rimedio
  392Per liberarsi dal crudele assedio.

XLIX.


Cominciò il frate a dir che Dio adirato
  Volea il popol reggiano or gastigare.
  Il Conte ch’era mezzo disperato,
  396Padre, dicea, non state a predicare,
  Ma cercate rimedio al nostro stato,
  Ch’è notte, e non abbiam di che cenare:
  Fateci uscir di queste mura in pace,
  400E predicate poi quanto vi piace.

L.


Il frate uscì a trattar subito fuora,
  E ritornò coll’ultima risposta:
  Che se i Reggiani andar voleano allora,
  404Lasciasser l’armi, e andassero a lor posta.
  Alcuni non volean più far dimora;
  Ma gli altri si ridean della proposta,
  E dicean che coll’armi era da uscire,
  408O da pugnar coll’armi, o da morire.

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