Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
QUINTO | 77 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La secchia rapita.djvu{{padleft:90|3|0]]
XI.
Giù nella fossa in loco assai profondo
Giaceva appiè dell’assalite mura
Una gran massa di pantano immondo,
92E di fracido stabbio e di bruttura.
Quivi caddero entrambo, e andaro al fondo;
E d’abito mutati e di figura,
Tornar senz’altro danno a rivedere
96L’almo splendor delle celesti sfere.
XII.
E di nuovo correan per azzuffarsi,
Come due verri2 d’ira e d’odio ardenti
Corron nella belletta3 ad affrontarsi
100Con dispettosi grifi e torti denti:
Ma i soldati potteschi intorno sparsi,
Furon lor sopra a quel fier atto intenti,
E dalle man del vincitore altero
104Trasser Nasidio vivo e prigioniero.
XIII.4
Fu condotto Nasidio innanzi al Potta
Che lo fece castrar subitamente
Per ricordanza della fede rotta,
108E per esempio alla futura gente:
Ed alla cima del gran naso, a un’otta,
Con un filo d’acciar fatto rovente
Gli fe’ attaccare i testimoni freschi
112De’ malsortiti suoi tiri furbeschi.
XIV.
La bandiera frattanto era spiegata,
Che Ramberto al salir trasse con esso,
Da Batistino e da Sandrin guardata
116E da molti altri che saliro appresso.
Ma contesa in quel luogo era l’entrata
Dall’inimico stuol sì folto e spesso,
Che quivi si facea tutta la guerra,
120Nè si potea calar giù nella terra.