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QUINTO 79

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XIX.


Come al cader di quella sacra avviene,
  Ch’ad ogni cinque lustri apre il gran padre,
  Quando la gente di lontan sen viene
  156A Roma a riverir l’antica madre;
  Che non giovan le sbarre e le catene
  A trattener le peregrine squadre
  Ch’inondano a diluvio; e chi s’arresta,
  160Lo soffoga la turba e lo calpesta:

XX.


Tale, al cader delle nemiche porte,
  L’impetuosa turba inonda e passa;
  E di pianto, d’orror, di sangue e morte
  164Ogni cosa al passar confusa lassa.
  Il feroce e l’imbelle ad una sorte
  Cade: ogn’incontro il vincitor fracassa.
  Fugge il vinto, e s’appiatta, o l’armi cede,
  168E s’inginocchia a domandar mercede:

XXI.


Ma non trova mercè nè cortesia,
  E invan s’inchina, e invan la vita chiede:
  Il Potta vuol che Castelfranco sia
  172Esempio eterno a non mancar di fede.
  Furore ha luogo; ogni pietà s’oblía:
  Veggonsi in ogni parte incendi e prede;
  E cade in poca cenere un castello,
  176Di cui non era in Lombardia il più bello.

XXII.


E già sulle ruine il vincitore,
  Dal lungo faticar stanco, sedea;
  Quand’ecco di lontan s’udì un romore
  180Che rimbombar d’intorno il pian facea.
  Venía il campo nemico a gran furore,
  Che ’l periglio de’ suoi già inteso avea;
  Ed era quel che la foresta e i lidi
  184Fea risonar di trombe e corni e gridi.

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