< Pagina:Laude (Roma 1910).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
18 JACOPONE DA TODI

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Laude (Roma 1910).djvu{{padleft:40|3|0]]

Megli’ è che tu m’occidi,       che tu, Signor, sie offeso;
  ché non m’emendo, già l uidi;       nante a far mal so acceso;
  condanna ormai l’appeso,       ché caduto è nel bando.8
Comenza far lo iudicio,       a tollerme la santade,
  al corpo tolli l’officio       che non agia più libertade;
  perché prosperitade       gita l’à mal usando.
A la gente tolli l’affecto,       che nul agi de me piatanza;12
  per ch’io non so stato derecto       hauer a l’inferme amistanza;
  & toglieme la baldanza       ch’io non ne uada cantando.
Adunense le creature       a far de me la uendecta;
  ché mal ho usate a tutture       contra la legge derecta;16
  ciascuna la pena en me mecta       per te, Segnor, uendecando.
Non è per tempo el corotto       ch’io per te deggo fare;
  piangendo continuo el botto       douendome de te priuare,
  o cor, co l poi pensare,       che non te uai consumando?20
O cor, co l poi pensare       de lassar turbato amore,
  facendol de te priuare       ó pateo tanto labore?
  or piagne l suo descionore       & de te non gir curando.


Como l’anema deuenta morta per el peccato.      .xij.

  SI como la morte face       a lo corpo humanato,
  molto peio sì fa a l’anema       la gran morte del peccato.
Emprima la morte al corpo       sì glie fa mortal ferita
  che da omne membro i tolle       & scarporiscene la uita;4
  glie membra perdon l’uso       poi che la uita è finita;
  l’anema poi s’è partita,       lo corpo torna anichilato.
Lo peccato più che morte       sì fa sua ferita dura;
  ché a l’alma tolle Dio       & corrompegl sua natura;8
  lo ben non pò operare;       ma li mali en gran plenura
  cader en tanta affrantura       per cusì uil delectato.
Questa morte tol al corpo       la belleza e l colore;
  & la forma è sì desfacta,       ch’a ueder dà un orrore;12
  non se troua sì securo       che nogl generi pauore
  de ueder quel terrore       de l’aspecto desformato.
Lo peccato sì fa a l’alma       si terribele ferita,
  che glie tolle la belleza       che da Dio era insignita;16
  chi uedere la potesse       sì glie tollerìa la uita;
  la faccia terribilita,       crudel morte è l suo sguardato.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.