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26 JACOPONE DA TODI

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Se tu n’amasti, deueui uedere       a quegno porto deuiue uenire;
  de quel ch’aquistasti uolem gaudere       et non è uerun che curi en tuo guai.
Io ui lassai le botte col uino,       lassaui li panni de la lana & de lino;
  posto m’auete nel canto mancino       de tanta guadagna quant’io congregai.12
Se tu congregasti tanta guadagna,       de darte couelle a noi non ne caglia;
  àggete pace, se pate trauaglia;       facesti tal facti, captiuo ne uai.
Io amesurai a sostenere       la terra la uigna per far lo podere;
  or non potete niente uolere       darme una fecta de quel ch’aquistai.16
Se tu fuste crudo ad esser tenace,       de darte cheuelle a noi non ne piace;
  stanne securo et fanne carace:       de le tue pene non ne curam mai.
Io u’aleuai con molto sudore       et poi me dicete tal descionore!
  Penso che uoi uerrite a quel ore       che prouarite che son li mei guai.20


Del scelerato peccatore penitente.          .xx.

  O Me lasso, dolente,       cha lo tempo passato
  male l’ò usato       en uer lo Creatore.
Tutto lo mio delectare,       da poi che m’alleuai,
  fo del mondo amare;       de l’altro non pensai;4
  or me conuen lassare       quel che più delectai
  & hauer pena assai       & tormento et dolore.
Lo mangiare & lo bere       è stato el mio delecto,
  & posare & gaudere       & dormire a lo lecto;8
  non credeua potere       hauer nullo defecto;
  or so morto et decepto,       c’agio offeso al Signore.
Quand’altri gi’ al predecare       o a udir messa ad sancto,
  & io me gia a satollare       & non guardaua quanto;12
  poi me rendea a cantare;       or me retorna en pianto;
  quello fo lo mal canto       per me en tutto peggiore.
Quando alcun mio parente       o amico dericto
  me reprendea niente       o de facto o de dicto,16
  respondeali mantenente,       tanto era maledicto:
  morto en terra te micto       se ne fai più sentore.

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