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nella greppia un altro po’ di fieno: ma non lo trovò perchè l’aveva mangiato tutto nella notte.

Allora prese una boccata di paglia tritata: e in quel mentre che la stava masticando, si dovè persuadere che il sapore della paglia tritata non somigliava punto nè al risotto alla milanese nè ai maccheroni alla napoletana.

— Pazienza! — ripetè, continuando a masticare. — Che almeno la mia disgrazia possa servire di lezione a tutti i ragazzi disobbedienti e che non hanno voglia di studiare. Pazienza!… pazienza!

— Pazienza un corno! — urlò il padrone, entrando in quel momento nella stalla. — Credi forse, mio bel ciuchino, ch’io ti abbia comprato unicamente per darti da bere e da mangiare? Io ti ho comprato perchè tu lavori e perchè tu mi faccia guadagnare molti quattrini. Su, dunque, da bravo! Vieni con me nel Circo, e là ti insegnerò a saltare i cerchi, a rompere col capo le botti di foglio e a ballare il valzer e la polca, stando ritto sulle gambe di dietro. ―

Il povero Pinocchio, per amore o per forza, dovè imparare tutte queste bellissime cose; ma, per impararle, gli ci vollero tre mesi di lezioni, e molte frustate da levare il pelo.

Venne finalmente il giorno, in cui il suo padrone potè annunziare uno spettacolo veramente

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