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paio di stivaletti di pelle, che gli tornavano una vera pittura.

Appena si fu vestito, gli venne fatto, naturalmente di mettere le mani nelle tasche e tirò fuori un piccolo portamonete d’avorio, sul quale erano scritte queste parole: «La Fata dai capelli turchini restituisce al suo caro Pinocchio i quaranta soldi, e lo ringrazia tanto del suo buon cuore.» Aperto il portafoglio, invece dei quaranta soldi di rame, vi luccicavano quaranta zecchini d’oro tutti nuovi di zecca.

Dopo andò a guardarsi allo specchio e gli parve d’essere un altro. Non vide più riflessa la solita immagine della marionetta di legno, ma vide l’immagine vispa e intelligente di un bel fanciullo coi capelli castagni, cogli occhi celesti e con un’aria allegra e festosa come una pasqua di rose.

In mezzo a tutte queste meraviglie, che si succedevano le une alle altre, Pinocchio non sapeva più nemmeno lui se era desto davvero o se sognava sempre a occhi aperti.

— E il mio babbo dov’è? — gridò tutt’a un tratto; ed entrato nella stanza accanto trovò il vecchio Geppetto sano, arzillo e di buonumore, come una volta, il quale, avendo ripreso subito la sua professione d’intagliatore, stava appunto

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