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le confessioni 19

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di Lev Tolstoj.djvu{{padleft:21|3|0]]tura il mezzo di migliorare le mie condizioni materiali, di soffocare nella mia anima tutte le questioni sul senso della mia vita e della vita in generale.

Scrivevo, insegnavo quello ch’era divenuto per me la sola verità: che bisognava vivere in modo di dare a sè e alla propria famiglia la massima felicità.

Così vissi; ma cinque anni fa qualche cosa di strano cominciò a manifestarsi in me: dapprima ebbi momenti di stupore, un arrestarsi della vita, come se non sapessi nè come vivere nè che cosa fare, e diventavo inquieto e triste. Passati questi momenti, continuavo a vivere come prima. In seguito questi momenti di perplessità divennero sempre più frequenti, ma presero sempre la stessa forma. Questi momenti di arresto della vita si esprimevano sempre con le stesse domande: Perchè? Ebbene? E poi?

Dapprima mi parve fossero domande inutili, senza scopo; mi parve che fossero cose conosciute e che se un giorno avessi voluto pensare a risolverle, sarebbe stato facilissimo, che allora non avevo tempo, ma che avrei trovato la risposta non appena l’avessi voluto. Ma le domande si affacciarono sempre più frequentemente; sempre più incalzanti, esigevano una risposta e, come dei pugni sempre nello stesso posto, queste domande senza risposta finirono col formare una macchia nera. Mi accadde ciò che succede a chiunque si ammali di una malattia interiore mortale: prima appaiono gl’infimi sintomi del male ai quali il malato non bada, poi questi sintomi si fanno sempre più frequenti e si riassumono in una sofferenza unica e continua: questa aumenta ed il malato, prima d’aver il tempo di voltarsi, s’accorge che ciò

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