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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di Lev Tolstoj.djvu{{padleft:59|3|0]]espressa, come lo è dai Bramini, da Salomone, da Schopenhauer è una risposta indefinita, una identità: O=O; la vita è un nulla. Così la scienza filosofica non nega niente, risponde soltanto che non può risolvere questo problema, la cui soluzione rimane per essa indefinita.
Avendo compreso che non si può cercar la soluzione al mio problema nella scienza ragionata, e che la risposta data da questa scienza indica soltanto che la risposta non può essere ottenuta che ponendo altrimenti la questione, cioè quando il rapporto tra il finito e l’infinito sarà introdotto nella questione, compresi pure che, per quanto le risposte date dalla fede siano irragionevoli e stupide, esse hanno il vantaggio d’introdurre in ogni risposta la relazione tra il finito e l’infinito, senza la quale non si può scoprire la risposta.
In qualunque modo io ponga la questione: Come devo vivere? la risposta sarà: Secondo la legge divina. Che risulterà certamente dalla mia vita? La sofferenza o l’eterna beatitudine. Qual senso non verrà distrutto dalla morte? L’unione con Dio infinito, il paradiso.
Di modo che, esclusa la scienza ragionata che era per me unica, ero condotto a riconoscere che in tutta l’umanità esistente v’è ancora un’altra scienza irrazionale, la fede, che dà la possibilità di vivere.
Tutta l’assurdità della fede mi appariva come prima, ma non potevo negare ch’essa sola desse all’umanità la risposta alla questione della vita e, per conseguenza, la possibilità di vivere.
La scienza ragionata m’aveva condotto alla constatazione del fatto che la vita è un controsenso. Ma, osservando intorno a me tutta l’umanità, scorsi che degli uomini vivono e affermano