< Pagina:Le confessioni di Lev Tolstoj.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
4 prefazione

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di Lev Tolstoj.djvu{{padleft:6|3|0]]si allontanò da loro, ed era la ragione individuale non ancora fattasi grande come il suo cuore. Per gli umili negò il progresso, negò l’arte, ma non tutto se stesso, tutto il suo passato, per cui andava gli ultimi giorni, eterno viandante, a cercare, solo, ad interrogare il suo Dio.

Per i sacramenti, scese l’onda di grazia, fu sentito il tremore dinanzi a Dio, gli umili furono pervasi da Dio: la storia è piena del miracolo.

Al cuore niente è falso: non mi pongo contro la storia, ma l’arricchisco della mia vita.

Dio è nel mondo, ma anche lo avvolge: immanente in quanto sentito, trascendente in quanto voluto. E in quanto voluto Lo sento come il Padre ed io sono ― l’uccellino caduto dal nido, ― e la rappresentazione è in me, mi rappresento il Lontano nelle forme più belle che l’amore umano crea. E dopo che ho liberato l’anima mia, pieno del desiderio di Lui, Lo cerco per le vie fatte sacre da altre speranze, luminose del Suo passaggio.

Ma il Tolstoi chiamò all’azione.

Bisogna riconcepire Cristo: riviverlo in questa nostra vita moderna, ripensarlo nelle nostre aspirazioni. Così sentiamo la sua voce.

A. C.


    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.