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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di Lev Tolstoj.djvu{{padleft:87|3|0]]vano senso alcuno, essi non vedevano nulla di menzognero. Essi potevano accettarli, credere nella verità, in quella verità nella quale io pure credevo.
Soltanto per me, infelice, era chiaro che quella verità era legata con un filo finissimo alla menzogna, e che non potevo accettarla sotto tale forma. Vissi così durante tre anni. In principio — quando, da penitente, non penetravo nella verità che a poco a poco, guidandomi soltanto con l’istinto e dirigendomi dalla parte ove il cielo mi pareva più chiaro — queste contraddizioni mi colpivano meno. Quando non comprendevo qualche cosa, mi dicevo: «È colpa mia, è perchè io son cattivo». Ma più mi penetravo di queste verità che apprendevo e più esse diventavano base della mia vita; più queste contraddizioni divenivano penose, sensibili, e più il distacco fra ciò che non comprendevo, perchè non sapevo comprendere, e ciò che non si poteva comprendere altrimenti che mentendo a se stesso, diveniva tanto più palese.
Nonostante questi dubbî e queste sofferenze, io tenevo ancora all’ortodossia. Ma apparvero i problemi della vita, che bisognava risolvere, e le soluzioni date della Chiesa, contrarie ai principî stessi di questa religione della quale vivevo, mi obbligarono a rinunciare completamente alla possibilità di qualunque comunione con l’ortodossia.
Questi problemi erano:
Il rapporto della Chiesa ortodossa con le altre Chiese, col cattolicismo e con i così detti scismi. In questo tempo, l’interesse che portavo alla fede m’aveva avvicinato ai credenti di diverse confessioni: cattolici, protestanti, vecchi