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capitolo quarto. 157

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d’una vicina tenuta nel 1400, e d’allora in poi l’era sempre rimasta principale nel Comune. Ma se la sorte delle povere Comuni non era molto ridente in mezzo alle giurisdizioni castellane che le soffocavano, più meschina era l’importanza dei loro caporioni appetto dei feudatarii. San Marco era popolare, ma alla lontana, e piuttosto per pompa; e in fondo gli stava troppo a cuore, massime in Friuli, l’ossequio della nobiltà, perch’egli volesse alzarle contro questo spauracchio delle giurisdizioni comunali. Sopportava pazientemente quelle già stabilite, e remissive a segno da non dar appiglio ad essere decapitate con soverchie pretese di stretto diritto; ma le teneva in santa umiltà con mille vincoli, con mille restrizioni; e quanto allo stabilirne di nuove se ne guardava bene. Se una giurisdizione gentilizia, per ragioni d’estinzione, di sentenza o di fellonia, ricadeva alla Repubblica, anzichè costituirla in comunale, usavasi infeudarne qualche magistratura o, come si diceva, qualche carica della provincia. Così si otteneva sott’acqua il doppio scopo, di rintuzzare almeno nel numero i signori castellani, ai quali l’appoggiarsi era necessità, non bramata tuttavia; e di mantenere le popolazioni nell’usata e cieca servitù, aliene più che si poteva dai pubblici impasti. Del resto se le comuni, nelle loro contese coi castellani, avevano spesso torto sul libro delle leggi; lo avevano poi sempre dinanzi ai tribunali; e ciò, oltrechè pel resto, anche per la connivenza privata dei magistrati patrizii, mandati anno per anno dalla Serenissima dominante a giudicare nei Fori supremi di Terraferma. V’avea sì un mezzo ad uguagliar tutti i ceti dinanzi la santa imparzialità dei Tribunali; e questo era il danaro: ma se si ponga mente alla combattività italiana che congiurava in quei comuni colla prudentissima economia friulana, è facile capire come ben rade volte essi fossero disposti a cercare e ad ottenere giustizia per quella via. Il castellano avea già pagato lo zecchi-

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