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capitolo quarto. 199

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di un ottuagenario I.djvu{{padleft:226|3|0]]va sopra la lettera; ed io la assicuro, che se la lettera le comanda di andar innanzi, lo spirito invece le consiglia di dar un frego su tutto. In confidenza ebbi anche da Venezia comunicazioni di questo tenore: e lei già indovina il mezzo... con un onesto compromesso... con un buon mezzo termine, si potrebbe...

Il Conte allargava sempre più gli occhi, e si stracciava colle dita i merletti della camicia; a questo punto tutto il respiro, che gli si era compresso nel petto per la grande agitazione, uscì romorosamente in una sbuffata.

— Oh non pigli soggezione di ciò! — rispose l’altro. — La cosa è più facile ch’ella non crede. E fosse anche difficilissima, bisognerebbe tentarla per ubbidire allo spirito del serenissimo Consiglio dei Dieci. Allo spirito, si ricordi bene, non alla lettera!... Poichè del resto la giustizia della Serenissima non può volere che un eccellentissimo signore, com’ella è, si trovi quando che sia in gravi imbarazzi, per essere stato troppo ligio alle apparenze d’un decreto. Si figuri! mettere un giurisdicente in lotta con tutti i suoi colleghi!... Sarebbe ingratitudine, sarebbe una nequizia imperdonabile contro di lei!...

Al povero giurisdicente che coll’acume della paura intendeva meravigliosamente tutti questi discorsi, i sudori freddi venivano giù per le tempia, come gli sgoccioli d’una torcia in un giorno di processione. Il dover rispondere, il non voler dire nè sì nè no, era tal tormento per lui, che avrebbe preferito cedere tutti i suoi diritti giurisdizionali per esserne liberato. Ma alla fin fine gli parve aver trovato il vero modo di cavarsela. Figuratevi che talentone!... Avea proprio trovato una gran novità!

— Ma... col tempo... vedremo... combineremo...

— Eh, che tempo d’Egitto! — saltò su con una bella stizza il Venchieredo. — Chi ha tempo non aspetti tempo, conte carissimo! — Io, per esempio, se fossi in lei, vorrei

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