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xiv ippolito nievo.

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Dei semplici pastor. — Ma la mestizia
(Del ver presaga!) che turbò il commiato
140Ultimo nostro, con la speme indarno
Volemmo dissipar d’altri convegni
Pel prossimo avvenire. — O illusi, è questo
L’avvenir che l’improvvido desio
Ciecamente affrettò! ma il fido amico
145Se pur ci attende, ahi! non ci attende in terra.


VI.

  Il supremo dolore e la suprema
Gioia mortal, con un sorriso ed una
Lagrima s’appalesano, che nome
Non han qui nè riscontro. È quel sorriso
150Primo che volge al suo novello nato
La madre giovanetta; è quella stilla,
Unica, muta, disperata, ch’Ella
Sparge sulla sua morte. — E Tu, cui madre
Ippolito nomava, oh! tu ben sai
155Se verace è il mio dir! La lunga istoria
Nessun mi disse degli affanni tuoi;
Pur, guardando i miei figli, io l’indovino.
Di tre vispi garzoni, e d’una bella
Pargoletta, il Signor ribenedia
160Il marital tuo nodo; e tu nei figli
Lieta vivevi, e in quell’affetto, in quelle
Cure assidue, infinite, era il tuo mondo,
Il cielo tuo. Sovente inebriata
Dei loro baci, tu sclamavi: «Oh sempre
165Serbar fanciulli io vi potessi! E quale
Qual’altra età sì brevi l’ansie, e tante
Gioie materne mi può dar?... Dal primo
Palpito vostro all’ultimo pensiero

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