< Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

capitolo sesto. 309

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di un ottuagenario I.djvu{{padleft:336|3|0]] ebbe certo le sue ottime ragioni per accettare l’incarico; e in confidenza io credo, che fosse di soppiatto un Beniamino degli Inquisitori di Stato. Lo si diceva romagnuolo di nascita, ma viaggiava con passaporto russo; si sa che i RR. P. Gesuiti, dopo la soppressione dell’Ordine loro, s’erano ricoverati a Pietroburgo, e che la Repubblica di Venezia non s’era mai professata loro protettrice. Ad ogni modo le massime politiche della Signoria non erano più quelle di Fra Paolo Sarpi, quando il padre Pendola si stabilì col suo alunno a Venchieredo; e tanto egli, come il giovine castellano, fecero grandissimo colpo nella società di Portogruaro che s’era affrettata ad invitarli e a festeggiarli. La Pisana, dopo la prima comparsa di questo giovine nelle sale Frumier, si dimenticava sovente di Lucilio per badare a lui; io poi seduto vicino al cancelliere mi rodeva l’anima, e gettava le mie occhiate al vento.




Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.