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capitolo settimo. | 325 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di un ottuagenario I.djvu{{padleft:352|3|0]]la sposa entrerà in questo castello per una porta, io necessariamente dovrei uscire dall’altra...
— Oh no, padre! non dica questo! non mi tolga il soccorso dell’opera sua e del suo consiglio!... Mi creda, che io non dimenticherò mai quanto le devo!... Anche due mesi fa quei passatori di Morsano mi avrebbero accoppato, se ella non li riduceva a più discreti sentimenti facendo loro accettare una piccola riparazione in denaro! E dire che io non aveva tocco un dito a quella loro sorella... Glielo giuro, padre!
— Sì, figliuolo, vi credo pienamente; ma non dovete offendere la mia modestia col ricordare questi debolissimi meriti; vi prego a dimenticarli, o almeno a non parlarne più. Quello che è stato è stato!... Come vi dico, io mi ricredo da quello che pensava utile a voi un anno fa; ora mi piacerebbe vedervi accasato stabilmente ed onorevolmente. Lasciandovi al fianco una sposina buona, paziente, divota, io mi ritirerei più contento nella nicchia della mia vecchiaia...
— Ma padre! non mi dicevate ella sempre che anche maritandomi io, sarebbe rimasto il paciere, il consolatore, il vincolo spirituale fra me e mia moglie? che per oro al mondo non avreste consentito di separarsi da me?...
Il padre Pendola infatti avea parlato molte volte su questo tenore, finchè non avea sperato di giungere a un miglior posto. Allora che gli veniva fatto d’intravvedere di meglio pescando nei torbidi ecclesiastici di Portogruaro, diede a quelle sue parole una più larga interpretazione.
— Dissi così, e non nego ora quello che dissi tante volte; — soggiunse egli. — Il mio spirito rimarrà sempre fra voi, perchè la parte sua migliore si è transfusa nell’anima vostra col santo canale dell’educazione; e quanto alla sposa, siccome io avrei cura di sceglierla conforme alle massime della buona morale, essa corrisponderà per-