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capitolo primo. 13

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di un ottuagenario I.djvu{{padleft:40|3|0]]salemme Liberata sapresti che non coll’Uffizio della Madonna, ma con grandi fendenti di spada e spuntonate di lancia il buon Goffredo tolse dalle mani dei Saraceni il sepolcro di Cristo.

— Sia ringraziato Iddio! — sclamò il giovinetto. — Ora non resta nulla a che fare.

— Come non resta nulla? — gli diede sulla voce il vecchio. — Sappi, o disgraziato, che gl’infedeli riconquistarono la Terra Santa, e che ora che parliamo un bascià del sultano governa Gerusalemme, vergogna di tutta cristianità.

— Pregherò il Signore che cessi una tanta vergogna, — soggiunse Orlando.

— Che pregare! Fare, fare bisogna! — gridò il vecchio conte.

— Scusate, — s’intromise a dirgli la contessa. — Non vorrete già pretendere che qui il nostro bimbo, faccia da sè solo una crociata.

— Eh via! non è più bimbo! — rispose il conte. — Compie oggi appunto i dodici anni!

— Compiesse anche il centesimo, — soggiunse la signora, — certo non potrebbe mettersi in capo di conquistare la Palestina.

— Non la conquisteremo più finchè si avvezza la prole a donneggiare col rosario! — sclamò il vecchio, pavonazzo dalla bile.

— Sì! ci voleva anche questa bestemmia! — riprese pazientemente la contessa. — Poichè il Signore ci ha dato un figliuolo che ha idea di far bene, mostriamocene grati collo sconoscere i suoi doni!

— Bei doni, bei doni! — mormorava il conte. — Un santoccio leccone!... un mezzo volpetto e mezzo coniglio!

— Infine egli non ha detto questa gran bestialità, — soggiunse la signora. — Ha detto di pregar Iddio perchè egli consenta che i luoghi della sua passione e della sua morte

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