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32 le confessioni d’un ottuagenario.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di un ottuagenario I.djvu{{padleft:59|3|0]]Egli leggeva con voce nasale qualmente che, il Nobile ed Eccelso signore Gherardo Partistagno fosse invitato entro sette giorni a comparire dinanzi all’eccellentissimo Consiglio dei Dieci, ecc., ecc. — Il nobile ed eccelso signore Gherardo di Partistagno gli stava dinanzi colla fronte curva sul petto e la persona tremolante, quasi ascoltasse una sentenza di morte. La voce del messer Grande si faceva sempre più minacciosa nel vedere quell’attitudine di sgomento; e da ultimo, quando lesse le sottoscrizioni, pareva che tutto il terrore di cui si circondava il Consiglio inquisitoriale spirasse dalle sue narici. Rispose il Partistagno con voce malsicura che avrebbe incontanente obbedito, e volse ad un servo la mano con cui s’era appoggiato ad una tavola, quasi comandasse il cavallo o la lettiga. Il messer Grande, superbo di aver fulminato secondo il suo solito quell’altero feudatario, volse le calcagna per uscire a capo ritto dalla sala. Ma non avea mosso un passo, che sette od otto buli, fatti venire il giorno prima da un castello che il Partistagno possedeva nell’Illirico, gli si avventarono addosso: e batti di qua e pesta di là gliene consegnarono tante, che il povero messer Grande non ebbe in breve neppur voce per gridare. Il Partistagno aizzava quei manigoldi dicendo di tratto in tratto:

— Sì, da senno; son pronto ad obbedire! Dagliene, Natale! Giù, giù su quel muso di cartapecora! — Venir qui nel mio castello a portarmi cotali ambasciate!... Furbo per diana!... Uh come sei conciato!... Bravi figliuoli miei!... Ora, basta, ora: che gli avanzi fiato da tornare a Venezia, a recar mie novelle a quei buoni signori!

— Ohimè! tradimento! pietà! son morto! — gemeva il messer Grande dimenandosi sul pavimento e cercando rifarsi ritto della persona.

— No, non sei morto, — gli veniva dicendo il Partistagno. — Vedi?... Ti reggi anche discretamente in piedi,

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