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capitolo decimoquarto. | 165 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di un ottuagenario II.djvu{{padleft:173|3|0]]gna d’un galantuomo. Mentre io gli parlava, ed egli mi guardava con un cipiglio piuttosto indeciso che turbato, mi parve travedere nelle sue sembianze la memoria d’una persona a me notissima. Passai rapidamente in rassegna tutti i miei amici di Padova; ma nessuno gli somigliava per nulla, invece un certo presentimento si ostinava a presentarmi quella figura come veduta poco tempo prima, e viva ancora, vivissima nelle mie rimembranze.
— Dunque non vuol proprio conoscermi? — mi disse colui mettendosi la palma della mano sul volto, e con una tal voce che mi rischiarò subito il discernimento.
— Aglaura, Aglaura! — io sclamai. — Vedo o stravedo?
— Sì, sono l’Aglaura; son io che vi seguo fino da Venezia, che stetti con voi nella medesima barca, che mi refocillai alla stessa osteria, e che non avrei avuto il coraggio di scoprirmi a voi se i vostri sospetti non vi facevano rivolgere a me.
— Adunque, — io soggiunsi fuori di me per la sorpresa — adunque Spiro cercava di voi questa mattina?...
— Sì, egli cercava di me; ritornando a casa, e non trovandomi più perchè io era venuta intanto alla corriera dopo avermi cangiati gli abiti presso la nostra lavandaia, egli si sarà insospettito di quanto già temeva da lungo tempo. È vero ch’era uscita colla cameriera; ma costei sarà tornata narrando, com’io l’avea pregata, di lasciarmi sola in chiesa, e i sospetti gli saranno cresciuti. Fortuna che per la fretta non ebbe tempo di chiarirsi se quella fosse la verità od una scusa; e così quando dimandò al padrone se non aveva donne a bordo e colui gli rispose di no, credette davvero ch’io fossi rimasta a pregare, e cercassi forse nella preghiera la forza di resistere alle tentazioni che da tanto tempo mi assediavano. Povero Spiro!.., Egli mi vuol bene, ma non m’intende, non mi compatisce!...