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capitolo decimoquinto. | 183 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le confessioni di un ottuagenario II.djvu{{padleft:191|3|0]] con altissima voce — Gli adoratori della libertà non hanno differenza di sesso. Sono tutti eroi.
— Bravo! brava! Ben detto! È un uomo! È una donna! Viva la Repubblica! Viva Bonaparte!... Viva la donna forte! —
Dovetti trascinarla via, perchè non me la portassero in trionfo; ella si sarebbe accomodata, credo, molto volentieri di questa cerimonia, e le vedeva errare negli occhi un certo fuoco che ricordava il furore d’una Pizia. A gran fatica potei condurla in un altro canto, dove si raccoglieva una gran turba femminile, la più molesta e ciarliera che avesse mai empito un mercato. Era una vera repubblica, anzi un’anarchia di cervelli leggieri e svampati; per me non conosco essere che dica tante bestialità quanto una donna politica. Giudicatene da quanto ne udii allora.
— Ehi, — diceva una, — non ti pare che avrebbero fatto meglio a vestirlo di rosso il nostro Direttorio!... Così tinti in verdone coi ricami d’argento, mi sembrano i cerimonieri dell’ex-governatore.
— Taci là! sciocca, — rispondeva l’interrogata; — la severità repubblicana porta i colori oscuri.
— Ah la chiama severità lei? — s’intromise una terza. — Se sapesse cos’hanno fatto due tenentucci francesi alla figlia di mia sorella!...
— Eh calunnie! saranno nobili travestiti!... Morte ai nobili!... Viva l’eguaglianza!
— Viva, viva: ma intanto dicono che quei signori del Direttorio siano quasi tutti aristocratici.
— Sì, lo erano, figliuola mia; ma li hanno purificati.
— Diavolo! come si fa questa operazione?...
— Eh non lo sai, no?... Non hai mai visto in San Calimero il quadro della Purificazione?... Si portano in chiesa due tortore e due colombini.
— E dee proprio bastare?