< Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

Io m’imbrogliai, e non dissi di no; Lucilio sorrise anch’esso; il fatto poi stava che non poteva lasciar sola l’Aglaura, ma qual piacere ritraessi io dal farle la guardia lo sapeva il cielo. Io fui soddisfattissimo allora del signor Ettore Carafa, e meglio due tanti in seguito. Ricorderò sempre con piacere quella vita frugale, operosa e soldatesca. Alla mattina gli esercizii coi miei soldati, poi il pranzo e qualche gran seduta di chiacchiere con Amilcare, con Giulio, con Lucilio; il dopopranzo e la sera conversazione coll’Aglaura che aspettava sempre Emilio, e non voleva saperne di ritornare a Venezia. Frammezzo qualche lettera agro-dolce della Pisana. Ecco, come giungemmo al tempo della rivoluzione di Roma, la quale doveva dar piede alle operazioni militari del Carafa nel Regno.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.