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Capo XXIX.
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Da quel giorno divenni, non so perchè, il confidente della fanciulla, e tornò a trattenersi lungamente con me.
Mi diceva: — Signore, ella è tanto buona, ch’io la guardo come potrebbe una figlia guardare suo padre.
— Voi mi fate un brutto complimento, rispondeva io, respingendo la sua mano; ho appena trentadue anni, e già mi guardate come vostro padre.
— Via, signore, dirò: come fratello. —
E mi prendeva per forza la mano, e me la toccava con affezione. E tutto ciò era innocentissimo.
Io diceva poi tra me: — Fortuna che non è una bellezza! altrimenti quest’innocente famigliarità potrebbe sconcertarmi. —
Altre volte diceva: — Fortuna ch’è così immatura! Di ragazze di tale età non vi sarebbe pericolo ch’io m’innamorassi. —