< Pagina:Le mie prigioni.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

( 94 )

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:106|3|0]]

Capo XXIX.

_______


Da quel giorno divenni, non so perchè, il confidente della fanciulla, e tornò a trattenersi lungamente con me.

Mi diceva: — Signore, ella è tanto buona, ch’io la guardo come potrebbe una figlia guardare suo padre.

— Voi mi fate un brutto complimento, rispondeva io, respingendo la sua mano; ho appena trentadue anni, e già mi guardate come vostro padre.

— Via, signore, dirò: come fratello. —

E mi prendeva per forza la mano, e me la toccava con affezione. E tutto ciò era innocentissimo.

Io diceva poi tra me: — Fortuna che non è una bellezza! altrimenti quest’innocente famigliarità potrebbe sconcertarmi. —

Altre volte diceva: — Fortuna ch’è così immatura! Di ragazze di tale età non vi sarebbe pericolo ch’io m’innamorassi. —

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.