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Capo XXXIII.

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— Un giorno, uno de’ secondini entrò nel mio carcere con aria misteriosa, e mi disse:

— Quando v’era la siora Zanze... siccome il caffè le veniva portato da essa... e si fermava lungo tempo a discorrere... ed io temeva che la furbaccia esplorasse tutti i suoi secreti, signore...

— Non n’esplorò pur uno, gli dissi in collera; ed io, se ne avessi, non sarei gonzo da lasciarmeli trar fuori. Continuate.

— Perdoni, sa; non dico già ch’ella sia un gonzo, ma io della siora Zanze non mi fidava. Ed ora, signore, ch’ella non ha più alcuno che venga a tenerle compagnia... mi fido... di...

— Di che? Spiegatevi una volta.

— Ma giuri, prima, di non tradirmi.

— Eh, per giurare di non tradirvi, lo posso: non ho mai tradito alcuno.

— Dice dunque davvero, che giura, eh?

— Sì, giuro di non tradirvi. Ma sappiate,

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