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Capo XXXVI.
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La risposta venne col caffè. Saltai al collo di Tremerello, e gli dissi con tenerezza: Iddio ti rimuneri di tanta carità!. — I miei sospetti su lui e sull’incognito s’erano dissipati, non so né anche dir perchè; perché m’erano odiosi; perchè, avendo la cautela di non parlar mai follemente di politica, m’apparivano inutili; perchè, mentre sono ammiratore dell’ingegno di Tacito, ho tuttavia pochissima fede nella giustezza del taciteggiare, del veder molto le cose in nero.
Giuliano (così piacque allo scrivente di firmarsi) cominciava la lettera con un preambolo di gentilezze, e si diceva senza alcuna inquietudine sull’impreso carteggio. Indi scherzava dapprima moderatamente sul mio esitare, poi lo scherzo acquistava alcun che di pungente. Alfine, dopo un eloquente elogio sulla sincerità, mi dimandava perdono se non potea nascondermi il dispiacere che avea provato, ravvisando in