< Pagina:Le mie prigioni.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

( 142 )

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:154|3|0]]presso la mia, in un’ala di poca estensione a destra, ed in uno sporgimento di fabbricato, che mi stava dirimpetto. In quello sporgimento stavano due carceri, una sull’altra. La inferiore aveva un finestrone enorme, pel quale io vedea dentro passeggiare un uomo signorilmente vestito. Era il signor Caporali di Cesena. Questi mi vide, mi fece qualche segno, e ci dicemmo i nostri nomi.

Volli quindi esaminare dove guardasse l’altra mia finestra. Posi il tavolino sul letto e sul tavolino una sedia, m’arrampicai sopra, e vidi essere a livello d’una parte del tetto del palazzo. Al di là del palazzo appariva un bel tratto della città e della laguna.

Mi fermai a considerare quella bella veduta, e udendo che s’apriva la porta, non mi mossi. Era il custode, il quale scorgendomi lassù arrampicato, dimenticò ch’io non poteva passare come un sorcio attraverso le sbarre, pensò ch’io tentassi di fuggire, e nel rapido istante del suo turbamento saltò sul letto, ad onta di una sciatica che lo tormentava, e m’afferrò per le gambe, gridando come un’aquila.

— Ma non vedete, gli dissi, o smemorato,

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.