Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
( 154 ) |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:166|3|0]]
Capo XLVI.
_______
Una volta andato a letto, alquanto prima dell’alba, mi parve d’avere la più gran certezza d’aver messo il fazzoletto sotto il capezzale. Dopo un momento di sopore, mi destai al solito, e mi sembrava che mi strangolassero. Sento d’avere il collo strettamente avvolto. Cosa strana! Era avvolto col mio fazzoletto, legato forte a' più nodi. Avrei giurato di non aver fatto que’ nodi, di non aver toccato il fazzoletto, dacchè l’avea messo sotto il capezzale. Convieni ch’io avessi operato sognando o delirando, senza più serbarne alcuna memoria; ma non potea crederlo, e d’allora in poi stava in sospetto ogni notte d’essere strangolato.
Capisco quanto simili vaneggiamenti debbano essere ridicoli altrui, ma a me che li provai faceano tal male, che ne raccapriccio ancora.
Si dileguavano ogni mattino; e finché durava la luce del dì, io mi sentiva l’animo così rinfrancato contro que’ terrori, che mi sembrava