Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
( 163 ) |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:175|3|0]]di pedate e di chiavi, ad ogni aprirsi della mia porta, io mi dicea: — Coraggio! forse vengono a prendermi per udire la sentenza. Ascoltiamola con dignitosa tranquillità, e benediciamo il Signore. —
Meditai ciò ch'io dovea scrivere per l'ultima volta alla mia famiglia, e partitamente al padre, alla madre, a ciascun de' fratelli, e a ciascuna delle sorelle; e volgendo in mente quelle espressioni d'affetti sì profondi e sì sacri, io m'inteneriva con molta dolcezza, e piangeva, e quel pianto non infiacchiva la mia rassegnata volontà.
Come non sarebbe ritornata l'insonnia? Ma quanto era diversa dalla prima! Non udiva nè gemiti nè risa nella stanza; non vaneggiava nè di spiriti, nè d'uomini nascosti. La notte m'era più deliziosa del giorno, perch'io mi concentrava di più nella preghiera. Verso le quattr'ore, io solea mettermi a letto, e dormiva placidamente circa due ore. Svegliatomi, stava in letto tardi per riposare. M'alzava verso le undici.
Una notte, io m'era coricato alquanto prima del solito, ed avea dormito appena un quarto d'ora, quando ridesto, m'apparve un'immensa luce nella parete in faccia a me. Temetti d'esser