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Ci fermammo un giorno a Lubiana, ove Canova e Rezia furono divisi da noi, e condotti nel castello; è facile immaginarsi quanto questa separazione fosse dolorosa per tutti quattro.
La sera del nostro arrivo a Lubiana ed il giorno seguente, venne a farci cortese compagnia un signore che ci dissero, se io bene intesi, essere un segretario municipale. Era molto umano, e parlava affettuosamente e dignitosamente di religione. Dubitai che fosse un prete: i preti in Germania sogliono vestire affatto come secolari. Era di quelle facce sincere che ispirano stima: m’increbbe di non poter fare più lunga conoscenza con lui, e m’incresce d’avere avuto la storditezza di dimenticare il suo nome.
Quanto dolce mi sarebbe anche di sapere il tuo nome, o giovinetta, che in un villaggio della Stiria ci seguisti in mezzo alla turba, e poi quando la nostra carrozza dovette fermarsi alcuni minuti, ci salutasti con ambe le mani, indi partisti col fazzoletto agli occhi, appoggiata al braccio d’un garzone mesto, che alle chiome biondissime parea tedesco, ma che forse era stato in Italia ed avea preso amore alla nostra infelice nazione!