< Pagina:Le mie prigioni.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

( 213 )

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:225|3|0]]

Capo LXII.

_______


Ci si facevano intanto i vestiti da prigioniero. Di lì a cinque giorni, mi portarono il mio.

Consisteva in un paio di pantaloni di ruvido panno, a destra color grigio, e a sinistra color cappuccino; un giustacuore di due colori egualmente collocati, ed un giubbettino di simili due colori, ma collocati oppostamente, cioè il cappuccino a destra ed il grigio a sinistra. Le calze erano di grossa lana; la camicia di tela di stoppa piena di pungenti stecchi, — un vero cilicio: al collo una pezzuola di tela pari a quella della camicia. Gli stivaletti erano di cuoio non tinto, allacciati. Il cappello era bianco.

Compivano questa divisa i ferri a’ piedi, cioè una catena da una gamba all’altra, i ceppi della quale furono fermati con chiodi che si ribadirono sopra un’incudine. Il fabbro che mi fece questa operazione disse ad una guardia, credendo che io non capissi il tedesco: — Malato com’egli è, si poteva risparmiargli questo giuo-

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.