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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:226|3|0]]co; non passano due mesi, che l’angelo della morte viene a liberarlo.
— Möchte es seyn! (fosse pure!), gli diss’io, battendogli colla mano sulla spalla. —
Il pover’uomo strabalzò e si confuse; poi disse:
— Spero che non sarò profeta, e desidero ch’ella sia liberata da tutt’altro angelo.
— Piuttosto che vivere così, non vi pare, gli risposi, che sia benvenuto anche quello della morte? —
Fece cenno di sì col capo, e se n’andò compassionandomi.
Io avrei veramente volentieri cessato di vivere, ma non era tentato di suicidio. Confidava che la mia debolezza di polmoni fosse già tanto rovinosa da sbrigarmi presto. Così non piacque a Dio. La fatica del viaggio m’avea fatto assai male: il riposo mi diede qualche giovamento.
Un istante dopochè il fabbro era uscito, intesi suonare il martello sull’incudine nel sotterraneo. Schiller era ancora nella mia stanza.
— Udite que’ colpi, gli dissi. Certo, si mettono i ferri al povero Maroncelli. —
E ciò dicendo, mi si serrò talmente il cuore, che vacillai, e se il buon vecchio non m’avesse