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Assicurai di no, ma io assicurava l’incredibile.

Il medico vedendo che nessuno di noi potea mangiare quella qualità di cibi che ci aveano dato ne’ primi giorni, ci mise tutti a quello che chiamano quarto di porzione, cioè al vitto dell’ospedale. Erano tre minestrine leggerissime al giorno, un pezzettino d’arrosto d’agnello da ingojarsi in un boccone, e forse tre once di pan bianco. Siccome la mia salute s’andava facendo migliore, l’appetito cresceva, e quel quarto era veramente troppo poco. Provai di tornare al cibo de' sani, ma non v’era guadagno a fare, giacchè disgustava tanto ch’io non potea mangiarlo. Convenne assolutamente ch’io m’attenessi al quarto. Per più d’un anno conobbi quanto sia il tormento della fame. E questo tormento lo patirono con veemenza anche maggiore alcuni de’ miei compagni, che essendo più robusti di me, erano avvezzi a nutrirsi più abbondantemente. So d’alcuni di loro, che accettarono pane e da Schiller e dalle altre due guardie addette al nostro servizio, e perfino da quel buon uomo di Kunda.

— Per la città si dice che a lor signori si dà

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