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Capo LXVII.

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L’incomodo della catena a’ piedi, togliendomi di dormire, contribuiva a rovinarmi la salute. Schiller voleva ch’io riclamassi, e pretendeva che il medico fosse in dovere di farmela levare.

Per un poco non l’ascoltai, poi cedetti al consiglio, e dissi al medico, che per riacquistare il beneficio del sonno, io lo pregava di farmi scatenare, almeno per alcuni giorni.

Il medico disse, non giungere ancora a tal grado le mie febbri, ch’ei potesse appagarmi; ed essere necessario, ch’io m’avvezzassi ai ferri.

La risposta mi sdegnò, ed ebbi rabbia d’aver fatto quell’inutile dimanda.

— Ecco ciò che guadagnai a seguire il vostro insistente consiglio, dissi a Schiller. —

Conviene che gli dicessi queste parole assai sgarbatamente: quel ruvido buon uomo se ne offese.

— A lei spiace, gridò, d’essersi esposta ad un rifiuto, e a me spiace ch’ella sia meco superba! —

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