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Capo LXIX.
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Io tornava un mattino dal passeggio: era il 7 d’agosto. La porta del carcere d’Oroboni stava aperta, e dentro eravi Schiller, il quale non mi aveva inteso venire. Le mie guardie vogliono avanzare il passo, per chiudere quella porta. Io le prevengo, mi vi slancio, ed eccomi nelle braccia d’Oroboni.
Schiller fu sbalordito; disse: — Der teufel!, der teufel! — e alzò il dito per minacciarmi. Ma gli occhi gli s’empirono di lagrime, e gridò singhiozzando: — O mio Dio, fate misericordia a questi poveri giovani ed a me, ed a tutti gl’infelici, voi che foste anche tanto infelice sulla terra! —
Le due guardie piangevano pure. La sentinella del corridoio, ivi accorsa, piangeva anch’essa. Oroboni mi diceva: — Silvio, Silvio, quest’è uno de' più cari giorni della mia vita! — Io non so che gli dicessi; era fuori di me dalla gioia e dalla tenerezza.