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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:252|3|0]]quietudine indicibile. Fui allora preso da forte melanconia e da desiderio di morire. Il pensiero del suicidio tornava a presentarmisi. Io lo combatteva; ma era come un viaggiatore spossato, che mentre dice a se stesso: — È mio dovere d’andar sino alla meta — si sente un bisogno prepotente di gettarsi a terra e riposare.
M’era stato detto che, non avea guari, in uno di que' tenebrosi covili, un vecchio boemo s’era ucciso, spaccandosi la testa alle pareti. Io non potea cacciare dalla fantasia la tentazione d’imitarlo. Non so se il mio delirio non sarebbe giunto a quel segno, ove uno sbocco di sangue dal petto non m’avesse fatto credere vicina la mia morte. Ringraziai Dio di volermi esso uccidere in questo modo, risparmiandomi un atto di disperazione che il mio intelletto condannava.
Ma Dio invece volle conservarmi. Quello sbocco di sangue alleggerì i miei mali. Intanto fui riportato nel carcere superiore, e quella maggior luce, e la racquistata vicinanza d’Oroboni mi riaffezionarono alla vita.