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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:269|3|0]]un tanto bene. Il medico consentì, e Maroncelli fu condotto nelle mie braccia.
Oh qual momento fu quello! — Tu vivi? sclamavamo a vicenda. Oh amico! oh fratello! che giorno felice c’è ancor toccato di vedere! Dio ne sia benedetto! —
Ma la nostra gioia ch’era immensa, congiungeasi ad una immensa compassione. Maroncelli doveva esser meno colpito di me, trovandomi così deperito com’io era: ei sapea qual grave malattia avessi fatto. Ma io, anche pensando che avesse patito, non me lo immaginava così diverso da quel di prima. Egli era appena riconoscibile. Quelle sembianze, già sì belle, sì floride, erano consumate dal dolore, dalla fame, dall’aria cattiva del tenebroso suo carcere!
Tuttavia il vederci, l’udirci, l’essere finalmente indivisi ci confortava. Oh quante cose avemmo a comunicarci, a ricordare, a ripeterci! Quanta soavità nel compianto! Quanta armonia in tutte le idee! Qual contentezza di trovarci d’accordo in fatto di religione, d’odiare bensì l’uno e l’altro l’ignoranza e la barbarie, ma di non odiare alcun uomo, e di commiserare gl’ignoranti ed i barbari, e pregare per loro!