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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:280|3|0]] Dopo la confessione, ei si fermava lungamente a conversare, e da tutti i suoi discorsi appariva un’anima retta, dignitosa, innamorata della grandezza e della santità dell’uomo. Avemmo la fortuna di godere circa un anno de’ suoi lumi e della sua affezione, e non si smentì mai. Non mai una sillaba, che potesse far sospettare intenzioni di servire, non al suo ministero, ma alla politica. Non mai una mancanza di qualsiasi delicato riguardo.
A principio, per dir vero, io diffidava di lui, io m’aspettava di vederlo volgere la finezza del suo ingegno ad indagini sconvenienti. In un prigioniero di stato, simile diffidenza è pur troppo naturale; ma oh quanto si resta sollevato allorchè svanisce, allorchè si scopre nell’interprete di Dio, niun altro zelo che quello della causa di Dio e dell’umanità!
Egli aveva un modo a lui particolare ed efficacissimo di dare consolazioni. Io m’accusava per esempio, di fremiti d’ira pei rigori della nostra carceraria disciplina. Ei moralizzava alquanto sulla virtù di soffrire con serenità e perdonando; poi passava a dipingere con vivissima rappresentazione le miserie di condizioni diverse della mia.