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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:291|3|0]]M’adirai talvolta contr’essi, ma oh come mi perdonavano cordialmente! come anelavano di persuaderci che non erano senza affezione per noi, e come gioivano vedendo che n’eravamo persuasi, e li stimavamo uomini dabbene!
Dacchè fu lontano da noi, più volte Schiller s’ammalò, e si riebbe. Dimandavamo contezza di lui, con ansietà filiale. Quand’egli era convalescente, veniva talvolta a passeggiare sotto le nostre finestre. Noi tossivamo per salutarlo, ed egli guardava in su con sorriso melanconico, e diceva alla sentinella, in guisa che udissimo: — Da sind meine söhne! (là sono i miei figli!).
Povero vecchio! che pena mi mettea il vederti trascinare stentatamente l’egro fianco, e non poterti sostenere col mio braccio!
Talvolta ei sedeva lì sull’erba, e leggea. Erano libri ch’ei m’avea prestati. Ed affinchè io li riconoscessi, ei ne diceva il titolo alla sentinella, o ne ripeteva qualche squarcio. Per lo più tai libri erano novelle da calendarii, od altri romanzi di poco valore letterario, ma morali.
Dopo varie ricadute d’apoplessia, si fece portare all’ospedale de’ militari. Era già in pessimo stato, e colà in breve morì. Possedeva alcune