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Capo LXXXIII.
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L’essermi venuta clandestinamente quella gazzetta non faccia immaginare al lettore che frequenti fossero le notizie del mondo, ch’io riuscissi a procurarmi. No: tutti erano buoni intorno a me, ma tutti legati da somma paura. Se avvenne qualche lieve clandestinità, non fu se non quando il pericolo potea veramente parer nullo. Ed era difficil cosa che potesse parer nullo in mezzo a tante perquisizioni ordinarie e straordinarie.
Non mi fu mai dato d’avere nascostamente notizie dei miei cari lontani, tranne il surriferito cenno relativo a mia sorella.
Il timore ch’io aveva che i miei genitori non fossero più in vita, venne di lì a qualche tempo piuttosto aumentato che diminuito, dal modo con cui una volta il direttore di polizia venne ad annunciarmi che a casa mia stavano bene.
— S.M. l’Imperatore comanda, diss’egli, che io le partecipi buone nuove di que’ congiunti ch’ella ha a Torino. —