< Pagina:Le mie prigioni.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

( 317 )

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:329|3|0]]caccia. Il nostro oste e parecchi giovani del paese, col proprietario d’una bella foresta, erano i cacciatori; e noi collocati in posizione opportuna godevamo lo spettacolo.

Finalmente venne un corriere da Vienna, con ordine al commissario che ci conducesse pure al nostro destino. Esultai co’ miei compagni di questa felice notizia, ma nello stesso tempo tremava che s’avvicinasse per me il giorno d’una scoperta fatale: ch’io non avessi più né padre, né madre, né chi sa quali altri de’ miei cari!

E la mia mestizia cresceva a misura che c’inoltravamo verso Italia.

Da quella parte l’entrata in Italia non è dilettosa all’occhio ed anzi si scende da bellissime montagne del paese tedesco a pianura itala per lungo tratto sterile ed inamena; cosicchè i viaggiatori che non conoscono ancora la nostra penisola, ed ivi passano, ridono della magnifica idea che se n’erano fatta, e sospettano d’essere stati burlati da coloro onde l’intesero tanto vantare.

La bruttezza di quel suolo contribuiva a rendermi più tristo. Il rivedere il nostro cielo, l’incontrare facce umane di forma non settentrionale, l’udire da ogni labbro voci del nostro

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.