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Tutte queste ed altre memorie m’opprimeano come un sogno angoscioso, ma più m’opprimea quella delle due visite fattemi ivi dal mio povero padre, dieci anni addietro. Come il buon vecchio s’illudeva, sperando ch’io presto potessi raggiungerlo a Torino! Avrebb’egli sostenuto l’idea di dieci anni di prigionia ad un figlio e di tal prigionia? Ma quando le sue illusioni svanirono, avrà egli, avrà la madre avuto forza di reggere a sì lacerante cordoglio? Erami dato ancora di rivederli entrambi? o forse uno solo dei due? e quale?
Oh dubbio tormentosissimo e sempre rinascente! Io era, per così dire, alle porte di casa, e non sapeva ancora se i genitori fossero in vita; se fosse in vita pur uno della mia famiglia.
Il direttore della polizia m’accolse gentilmente, e permise ch’io mi fermassi alla Bella Venezia col commissario imperiale, invece di farmi custodire altrove. Non mi si concesse per altro di mostrarmi ad alcuno, ed io quindi mi determinai a partire il mattino seguente. Ottenni soltanto di vedere il Console Piemontese, per chiedergli contezza de’ miei congiunti. Sarei andato da lui, ma essendo preso da febbre e dovendo pormi in letto, lo feci pregare di venire da me.