< Pagina:Le mie prigioni.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

( 22 )

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:34|3|0]]non sapeva di averne uno. Era sempre lieto, e non lo vidi mai piangere se non una volta che fu battuto, non so perchè, dal carceriere. Cosa strana! Vivere in luoghi simili sembra il colmo dell’infortunio, eppure quel fanciullo avea certamente tanta felicità, quanta possa averne a quell’età il figlio d’un principe. Io facea questa riflessione, ed imparava che puossi rendere l’umore indipendente dal luogo. Governiamo l’immaginativa, e staremo bene quasi dappertutto. Un giorno è presto passato, e quando la sera uno si mette a letto senza fame e senza acuti dolori, che importa se quel letto è piuttosto fra mura che si chiamino prigione, o fra mura che si chiamino casa o palazzo?

Ottimo ragionamento! Ma come si fa a governare l’immaginativa? Io mi vi provava, e ben pareami talvolta di riuscirvi a meraviglia: ma altre volte la tirannia trionfava, ed io indispettito stupiva della mia debolezza.


    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.