< Pagina:Le mie prigioni.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

( 333 )

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:345|3|0]]

Capo XCVIII.

_______


Stundberger m’accompagnò sino alla vettura, ove montai col brigadiere di gendarmeria, al quale io era stato affidato. Pioveva, e spirava aria fredda.

— S’avvolga bene nel mantello, diceami Stundberger; si copra meglio il capo, procuri di non arrivare a casa ammalato; ci vuol così poco per lei a raffreddarsi! Quanto m’incresce di non poterle prestare i miei servigi fino a Torino! —

E tutto ciò diceami egli sì cordialmente e con voce commossa!

— D’or innanzi, ella non avrà forse più mai alcun tedesco vicino a sè, soggiuns’egli; non udrà forse più mai parlare questa lingua, che gl’Italiani trovano sì dura. E poco le importerà probabilmente. Fra i Tedeschi ebbe tante sventure a patire, che non avrà troppa voglia di ricordarsi di noi. E nondimeno io, di cui ella dimenticherà presto il nome, io, signore, pregherò sempre per lei.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.