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Pernottammo a Vercelli. Il felice giorno 17 settembre spuntò. Si proseguì il viaggio. Oh come le vetture sono lente! non si giunse a Torino che a sera.
Chi mai, chi mai potrebbe descrivere la consolazione del mio cuore e de’ cuori a me diletti, quando rividi e riabbracciai padre, madre, fratelli?... Non v’era la mia cara sorella Giuseppina, che il dover suo teneva a Chieri; ma udita la mia felicità, s’affrettò a venire per alcuni giorni in famiglia. Renduto a que’ cinque carissimi oggetti della mia tenerezza, io era, io sono il più invidiabile de’ mortali!
Ah! delle passate sciagure e della contentezza presente, come di tutto il bene ed il male che mi sarà serbato, sia benedetta la Provvidenza, della quale gli uomini e le cose, si voglia o non si voglia, sono mirabili stromenti ch’ella sa adoprare a fini degni di sè.
FINE.