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Capo X.

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In quella mia nuova stanza, così tetra e così immonda, privo della compagnia del caro muto, io era oppresso di tristezza. Stava molte ore alla finestra la quale metteva sopra una galleria, e al di là della galleria vedeasi l’estremità del cortile e la finestra della mia prima stanza. Chi erami succeduto colà? Io vi vedeva un uomo che molto passeggiava colla rapidità di chi è pieno d’agitazione. Due o tre giorni dappoi, vidi che gli avevano dato da scrivere, ed allora se ne stava tutto il dì al tavolino.

Finalmente lo riconobbi. Egli usciva della sua stanza accompagnato dal custode: andava agli esami. Era Melchiorre Gioja!

Mi si strinse il cuore. Anche tu, valentuomo, sei qui! — (Fu più fortunato di me. Dopo alcuni mesi di detenzione venne rimesso in libertà.)

La vista di qualunque creatura buona mi consola, m’affeziona, mi fa pensare. Ah! pensare

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