< Pagina:Le mie prigioni.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

( 39 )

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:51|3|0]]

Capo XIII.

_______


Lasciai ridere, e non opposi sillaba. I vicini mi diressero due o tre volte la parole; io stetti zitto.

— Non sarà più alla finestra — se ne sarà ito — tenderà l’orecchio ai sospiri di Maddalena — si sarà offeso delle nostre risa. —

Così andarono dicendo per un poco. E finalmente il caporione impose silenzio agli altri che susurravano sul mio conto.

— Tacete, bestioni, che non sapete quel che diavolo vi dite. Qui il vicino non è un sì grand’asino come credete. Voi non siete capaci di riflettere su niente. Io sghignazzo, ma poi rifletto, io. Tutti i villani mascalzoni sanno far gli arrabbiati, come facciamo noi. Un po’ più di dolce allegria, un po’ più di carità, un po’ più di fede ne’ benefizi del cielo, di che cosa vi pare sinceramente che sia indizio?

— Or che ci rifletto anch’io, rispose uno, mi pare che sia indizio d’essere alquanto meno mascalzone.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.