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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:67|3|0]]un ipocrita se non confessassi che ne fui mesto per più giorni.

Nell’andarmene, salutai due de’ poveri ladri, miei vicini, ch’erano alla finestra. Il caporione non v’era, ma avvertito dai compagni v’accorse, e mi risalutò anch’egli. Si mise quindi a cantarellare l’aria: Chi rende alla meschina. Voleva egli burlarsi di me? — Scommetto che se facessi questa dimanda a cinquanta persone, quarantanove risponderebbero: «Sì». Ebbene, ad onta di tanta pluralità di voti, inclino a credere che il buon ladro intendea di farmi una gentilezza. Io la ricevetti come tale, e gliene fui grato, e gli diedi ancora un’occhiata: ed egli, sporgendo il braccio fuori de’ ferri col berretto in mano, faceami ancor cenno allorch’io voltava per discendere la scala.

Quando fui nel cortile, ebbi una consolazione. V’era il mutolino sotto il portico. Mi vide, mi riconobbe, e volea corrermi incontro. La moglie del custode, chi sa perchè? l’afferrò pel collare e lo cacciò in casa. Mi spiacque di non poterlo abbracciare, ma i saltetti ch’ei fece per correre a me mi commossero deliziosamente. È cosa sì dolce l’essere amato!

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