< Pagina:Le mie prigioni.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

( 62 )

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le mie prigioni.djvu{{padleft:74|3|0]]

Capo XX.

_______


Ei raccontava questa storia con una sorprendente aria di verità. Io, non potendo crederlo, pur l’ammirava. Tutti i fatti della rivoluzione francese gli erano notissimi; ne parlava con molta spontanea eloquenza, e riferiva ad ogni proposito aneddoti curiosissimi. V’era alcun che di soldatesco nel suo dire, ma senza mancare di quella eleganza ch’è data dall’uso della fina società.

— Mi permetterete, gli dissi, ch’io vi tratti alla buona, ch’io non vi dia titoli.

— Questo è ciò che desidero, rispose. Dalla sventura ho almeno tratto questo guadagno, che so sorridere di tutte le vanità. V’assicuro che mi pregio più d’esser uomo che d’esser re. —

Mattina e sera, conversavamo lungamente insieme; e, ad onta di ciò ch’io reputava esser commedia in lui, l’anima sua mi pareva buona, candida, desiderosa d’ogni bene morale. Più volte fui per dirgli: — Perdonate, io vorrei cre-

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.