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con assai ricca et maestosa maniera le più belle e curiose conclusioni che trar si possino dalla geometria, esplicandole con maravigliosa facilità, con utile e diletto insieme delli ascoltanti. E per chiara confermazione di ciò si consideri la qualità de' personaggi che in Padova gli voller esser discepoli; e tralasciando tanti Principi e gran Signori italiani, franzesi, fiaminghi, boemi, transilvani, inglesi, scozzesi e d'ogn'altra nazione, sovviemmi aver inteso ch'il gran Gustavo re di Svezia, che fu poi fulmine della guerra, nel viaggio che da giovane fece incognito per l'Italia, giunto a Padova vi si fermò con la sua comitiva per molti mesi, trattenutovi principalmente dalle nuove e peregrine speculazioni e curiosissimi problemi che giornalmente venivano promossi e risoluti dal Sig.r Galileo nelle pubbliche lezzioni e ne' particolari congressi, con ammirazione de' circostanti; e volle nell'istessa casa di lui (con l'interesse d'esercitarsi insieme nelle vaghezze della lingua toscana) sentire l'esplicazione della sfera, le fortificazioni, la prospettiva e l'uso di alcuni strumenti geometrici e militari, con applicazione et assiduità di vero discepolo, discoprendogli in fine con amplissimi doni quella regia maestà ch'egli s'era proposto di occultare.

Fuori di Padova poi, nel tempo delle vacanze di Studio, e prima nell'estate del 1605, il Ser.mo D. Cosimo, allora Principe di Toscana, volle pur sentire l'esplicazione del suo Compasso, continuando poi il Sig.r Galileo per molti anni in quella stagione ad instruire nelle matematiche il medesimo Serenissimo, mentre già era Gran Duca, e con l'Altezza Sua gl'altri Ser.mi Principi D. Francesco e D. Lorenzo.

Tra i professori di matematica suoi discepoli, ne usciron cinque famosi lettori publici di Roma, Pisa e Bologna . A questi soleva dire ch'eglino con maggior ragione dovevano render grazie a Dio et alla natura, che gl'avesse dotati d'un privilegio sol conceduto a quei della lor professione, che era di potere con sicurezza giudicar del talento et abilità di quelli uomini i quali, applicati alla geometria, si facevano loro uditori; poi che la pietra lavagna, sopra la quale si disegnano le figure geometriche, era la pietra del paragone delli ingegni, e quelli che non riuscivano a tal cimento si potevano licenziare non solo come inetti al filosofare, ma com'inabili ancora a qualunque maneggio o esercizio nella vita civile.

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